Scuola

Qual è il ruolo del docente nella scuola digitale?

Concludiamo la parte di news che questa settimana abbiamo dedicato alla scuola digitale con un ultimo contributo tratto da Agenda Digitale sul ruolo del docente: al di là della “trasmissione diretta della conoscenza” da parte del singolo insegnante, una vera innovazione didattica dovrebbe prevedere la condivisione di metodologie e strumenti all’avanguardia. Il docente di questa nuova scuola dovrebbe conoscere, accettare e incentivare:

  • nuove caratteristiche del sapere, un nuovo approccio computazionale condiviso all’interno di discipline scientifiche e umanistiche;
  • nuove conoscenze e competenze, a cavallo fra la tradizione e l’innovazione alle soglie di un nuovo mondo del lavoro dove spirito d’iniziativa e di adattamento saranno sempre più richiesti;
  • le competenze digitali, proprie dei producer di contenuti e architetture digitali necessariamente articolati e complessi;
  • nuovi modi di apprendere, cioè un apprendimento di tipo socio-costruttivo, auto-regolato, situato e collaborativo.

Qui puoi leggere l’articolo completo di Rosa Bottino, direttore dell’ Istituto per le Tecnologie Didattiche e Presidente dell’Area della Ricerca di Genova all’interno del Consiglio nazionale delle Ricerche. A domani con una nuova lettura!

L’unica vera “antidisciplinarità” che potrebbe salvare la scuola del futuro

Il filosofo del secolo scorso Karl Popper considerava la vita un problem solving continuo e, al posto delle discipline di studio, preferiva parlare di problemi da risolvere: questo atteggiamento anticonformista prevede necessariamente un apprendimento per collaborazione, lo stesso che ai giorni nostri suggerisce la robotica (moderna, inclusiva, professionalizzante, sfidante ed educativa per competenze).

La robotica è antidisciplinare. E se entra nelle scuole riesce a cambiarle, un passo alla volta, da dentro: i docenti si confrontano di più tra loro, comunicano e condividono, studenti di indirizzi diversi lavorano insieme, i tempi delle lezioni si dilatano, gli studenti tornano in laboratorio anche fuori-orario, scuole distanti collaborano a progetti comuni… La robotica ha un potere straordinario, può davvero cambiare la scuola. E non solo.

Ecco il link all’articolo di Mirta Michilli, direttore generale della Fondazione Mondo Digitale, comparso su Agenda Digitale, dove si leggono alcuni casi esemplari di scuole già esistenti in Italia e si conclude: «Con la robotica aiutiamo i giovani a essere più “indisciplinati”, cioè più preparati, consapevoli e appassionati».

Scuola e tecnologia: la didattica saggia di Jenkins

In tema di scuola e nuovi media il rischio di schierarsi con chi esalta o chi demolisce in toto questi ultimi è molto forte: bisognerebbe allora porsi delle domande fondamentali. Da una parte, abolire le tecnologie a scuola consente veramente di conservare la migliore istruzione tradizionale? E, dall’altra invece, la loro introduzione in aula garantisce automaticamente un incremento della motivazione allo studio?

Una didattica è saggia quando favorisce la riconcettualizzazione della tecnologia come risorsa culturale “normale” per la didattica (è quanto avviene quando il cellulare, o il tablet, vengono usati in classe per svolgere attività di apprendimento). Ma anche quando riconosce il valore delle competenze che gli studenti sviluppano nell’informale rendendole funzionali agli apprendimenti di scuola. (Henry Jenkins nel suo libro Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo)

Qui puoi leggere l’articolo completo sul sito di Cremit, Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia con l’opinione di altri professori italiani, tra decaloghi e tesi al riguardo.

 

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Il patto scuola-famiglia

Domenica 25 febbraio 2018 è uscito su L’Eco di Bergamo l’articolo “Prof e genitori, l’alleanza è tradita” con una intervista al Prof. Pier Cesare Rivoltella, Direttore scientifico di Cremit, in merito ai recenti fatti di cronaca, frutto, secondo il professore, del “disallineamento della famiglia e della scuola”.

Rivoltella riconosce, infatti, alla scuola delle responsabilità, ma aggiunge:

“Mi auguro che casi di questa virulenza siano e rimangano episodi isolati. Questo però ci dice che fine ha fatto il senso civico del nostro Paese. Un Paese che non ha più senso civico: lo si vede tutti i giorni per strada, nell’arena del dibattito politico, dei media, abbiamo perso la misura. I genitori dentro questo quadro non fanno eccezione, il problema è che sono i primi responsabili di cosa diventeranno i loro figli da cittadini.”
Qui, l’articolo completo con un affondo sul concetto di “famiglia affettiva” iperprotettiva e sulle possibili soluzioni che la scuola può ancora attuare per fronteggiare una problematica così grave grazie ad un nuovo patto educativo di corresponsabilità.

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